Un santo per Monza: Giovanni Battista

Nel 595 Teodolinda, regina dei Longobardi, fonda a Monza un edificio religioso arricchito da prestigiosi tesori e dedicato a San Giovanni Battista, legato alla devozione della regina e al suo desiderio di avvicinare il popolo alla fede cattolica attraverso il battesimo.

Il Battista, patrono di Monza, Firenze, Genova, Torino e numerose località sparse in tutta Italia, diventa presto soggetto privilegiato nell’arte occidentale: la forza della sua figura ascetica, la vita solitaria nel deserto, la morte cruenta per volere di Erode, in uno degli episodi più drammatici del Nuovo Testamento, alimentano numerose interpretazioni particolarmente efficaci nella pittura a tinte forti del Seicento.

Claude Mellan (1598 – 1688), inventore e incisore
San Giovanni Battista in meditazione nel deserto
Acquaforte e bulino, 1629

Il nostro percorso alla scoperta dell’iconografia del Battista inizia da questa splendida incisione, datata 1629 ma di assoluta modernità. Il giovane profeta – narrano i Vangeli – si reca nel deserto e qui vive in totale povertà, vestito di peli di cammello e nutrendosi di locuste e miele selvatico. Spesso gli artisti hanno evocato la figura del santo, qui ritratto in giovane età in un bosco, più che in un deserto: seduto in meditazione presso un ruscello, con accanto l’agnello e la croce, simboli della venuta del Cristo da lui profetizzata, Giovanni è illuminato dalla luce che filtra tra gli alberi e sembra fissare un ramo con foglie di fico. L’incisione è un capolavoro del francese Claude Mellan (si firma «Gallico»), attivo tra Roma e Parigi.



Gabriel Perelle [?] (1604 – 1677), inventore e incisore
François Poilly (1623 – 1693), stampatore
Paesaggio con San Giovanni Battista
Acquaforte, post 1669



Giacomo Parolini (1663 – 1733), inventore
Andrea Bulzoni (1689 – 1760), incisore
La decollazione del Battista
Acquaforte, 1718

La stampa traduce un dipinto del pittore ferrarese Giacomo Parolini, perfettamente calato nel clima cruento e drammatico della pittura tardo seicentesca in Italia. Il santo in catene nella cella in cui lo ha rinchiuso Erode viene giustiziato da uno sgherro, sotto gli occhi per nulla turbati di una giovane che sbircia da dietro il muro. Il Battista morente alza lo sguardo al cielo dove un angioletto sorridente reca la palma del martirio e la corona di rose, promessa del Paradiso.

Il dipinto fu realizzato, come testimonia l’iscrizione, per l’Arciconfraternita della Morte e dell’Orazione che a Ferrara si occupava dell’assistenza e della sepoltura dei condannati a morte; spesso tali confraternite commissionavano dipinti aventi a soggetto la decollazione del Battista, assimilato a un condannato giustiziato.


Giovanni Battista Crespi detto il Cerano (?) (1565/70 ca – 1632), inventore
Michele Bisi (1788 – 1874), incisore
Testa di San Giovanni Battista
Acquaforte e bulino, metà XIX secolo

L’Accademia Carrara di Bergamo conserva un piccolo dipinto che raffigura la testa del Battista su un vassoio d’argento, databile intorno al 1625-1630 e attribuito a Giovanni Battista Crespi. L’immagine sembra essere l’originale da cui è tratta in controparte la nostra stampa, nonostante la firma in calce a sinistra citi come inventore “Vandick”, forse frutto di una erronea antica attribuzione. Protagonista della pittura italiana del Seicento, il Cerano svolse prevalentemente la sua attività a Milano, a seguito dei Borromeo, ma conobbe molto bene le novità della pittura romana e barocca, traducendole in opere di intensa espressività, ben colta dalla traduzione a stampa di Michele Bisi.

Il foglio con san Giovanni Battista fanciullo che attinge acqua da una fonte spalanca il nostro sguardo sul momento in cui, nel corso del XVII secolo, la pittura occidentale si avvia a riconoscere il paesaggio come genere autonomo di un dipinto. Rispetto alla stampa precedente, infatti, il soggetto sacro perde progressivamente peso nell’economia dell’insieme: sebbene posto in primo piano, il santo occupa solo una parte della scena, in cui dominano grandi alberi, montagne lontane, castelli e borghi abitati. La stampa fu pubblicata a Parigi dall’editore François Poilly che aprì la sua bottega a “L’Image Saint Benoit” nel 1669. Il “privilegio del Re” indicato nell’iscrizione è una sorta di autorizzazione esclusiva rilasciata dal sovrano in Francia per concedere la pubblicazione di una stampa.